Teatro Tascabile di Bergamo
Accademia delle forme sceniche
Spettacolo di clown
con Ruben Manenti, Alessandro Rigoletti
Da una idea di Renzo Vescovi
Giovedì 27 giugno 2024 Corte San Donnino, Mondonico, comune di Olgiate Molgora

 

Non è forse vero che prevale la tristezza, la preoccupazione, l’accoramento? E allora quel che ci vuole è un cordiale. Abbiamo pensato così, quando ci siamo decisi a riportare allo scoperto una delle linee di ricerca che ha caratterizzato, fin dall’inizio, il Teatro Tascabile: la strada del clown. Ci siamo detti: “non è forse vero che proprio lui, il clown, è oggi il vero simbolo del teatro, più ancora di Amleto o Arlecchino? E che il teatro tutt’intero, in questi giorni di crisi e di tagli, rischia di far fiasco, di fare un salto mortale?”. E allora tiriamoci su con un cordiale. Proviamo a ridere.

Bianco e Augusto se ne stanno lì, hanno bisogno di così poco: abiti semplici, qualche oggetto, esigenze tecniche ridotte quasi a niente. Lo spettacolo è tutto qui: un dialogo fatto di salti mortali, di finti schiaffi e pugni. Fatto di lombardo, di francese maccheronico, di un italiano aulico che si scontra con i costumi da clown, fatto di ritmo e di prodezze, fatto di poesia materiale. Perché Bianco e Augusto sono clown, e se questo può sembrare poca cosa, o un tema troppo semplice per uno spettacolo, è solo perché non sempre si riconosce la complessità del comico. Che è la base stessa del teatro.

I due si insultano, si minacciano. Parlano solo tra loro e solo dei fatti loro: ma, come accade coi clown, il pubblico è come se stesse in scena, con Bianco e Augusto che sembrano immersi solo in un legame reciproco fatto di ostilità esibita e di un ben protetto affetto. In un attimo possono smettere il loro fitto colloquio per occhieggiare una spettatrice, per rivolgersi a uno spettatore. Sbagliano anche le azioni più semplici, come si conviene a due clown. E poi rimediano con un’azione acrobatica. Jacques Lecoq – che è uno che di clown ne sapeva certo più di noi – ha detto che il clown è colui che fa fiasco e così porta lo spettatore al proprio fianco, anzi lo mette in condizioni di superiorità. Ma non basta sbagliare una cosa qualsiasi. Anche lo sbaglio dev’essere difficile: una prodezza.
Il lavoro del clown è questo: mostrare il fiasco. E non averne paura.