Rassegna stampa

Quando arriverà il pubblico del secondo week-end, fra oggi e domenica, la Luna sarà piena. Quella che ci ha osservato durante la prima frazione, sette giorni fa, invece superava di poco la metà. Sembra un dettaglio, in realtà fa parte della sostanza. Perché lo sguardo che richiede il Giardino delle Esperidi, con la sua costellazione di eventi che si dipanano sul Monte di Brianza, rompe ogni convenzione. Chiama in causa l’intero spettro sensoriale e ci sfida a comprendere che cosa è teatro e che cosa non lo è, a percepire quali variabili (le ombre in quel preciso momento, la velocità del vento, un passaggio di uccelli e molto altro…) generano la magia del sincronismo tra il performer e il resto del cosmo.

È in fondo la verità delle Ninfe, posizionate tra Dio, gli Dei e gli uomini, quella verità per cui è soprattutto (o solo?) attraverso l’arte che si può meglio riconquistare quel perduto primigeneo rapporto con la natura che non è mai scontato, ma che può riattivarsi attraverso il gioco e la ritualità che guidano il transito dell’Umanità tra quei due poli, il divino e l’animalità, che ne costituiscono l’irriducibile essenza.
Una irriducibilità, peraltro, da anni sotto attacco e che Economia, Denaro, Capitale e Guerre, i quattro cavallieri dell’odierna Apocalisse, vorrebbero mettere sotto scacco ed eliminare, quale intralcio ai loro scopi così poco ‘umani’, come scriverebbe il Nietzche del più che umano, del troppo umano, dell’oltre umano.
Arte e Natura non a caso egualmente combattute, tra trionfo della rete e dell’A.I. e crisi climatiche in guerra con il pianeta e i suoi viventi (tutti).
Lo si potrebbe definire un evento della ‘resilienza’ capace, e mi si perdoni il linguaggio bellico ma purtroppo ‘questi’ sono i tempi e le parole dell’oggi, di usare contro i nemici le loro stesse armi, come ha dimostrato la capacità di recupero della ricchezza, non solo spirituale ma anche materiale, di questi luoghi incentivando, richiamando, rinnovando e, perché no, anche materialmente ‘ristrutturando’.
In tutto questo affondando, però, le radici di una rara autonomia dell’autoproduzione (con Campsirago Residenze), fonte principale del Festival, che vuol dire indipendenza che tenta di non rinnegare ma di piegare alla propria libertà i contributi pubblici e privati che si sono offerti, capendolo, di finanziare un progetto sempre ‘in fieri’.
È, questo festival, come sempre l’occasione di un viaggio insieme, di un percorso comune nell’arte scenica in cui l’immersione nella natura è innanzitutto coinvolgimento estetico, in cui non conta tanto l’esibizione dell’arte teatrale, dello spettacolo, quanto il posizionamento del pubblico rispetto a quello, essenziale per entrambi.
Un processo che richiama non solo le energie locali ma anche, e in misura sempre maggiore, quelle nazionali ed internazionali, dall’Europa all’Estremo Oriente, tra Tibet e Giappone.

Non capita sovente di trovarsi immersi nella natura e a contatto con un paesaggio incontaminato e poter fruire di una performance di teatro o danza, stanziale o itinerante nei boschi. E’ quanto avviene assistendo al Festival Il Giardino delle Esperidi, le ninfe figlie di Atlante che nel mito greco avevano il compito di custodire un giardino dove cresceva un albero che dispensava frutti d’oro, celebrate anche per la bellezza e la voce melodiosa.

Lo spettacolo teatrale itinerante “Errando per le antiche vie. Il Buddha silente del Monte di Brianza”, che si è svolto tra il borgo di Mondonico e il Monte Barro, passando per la dorsale del Monte di Brianza, attraverso la spettacolarizzazione di tre momenti della giornata (l’alba, il mezzogiorno e il tramonto), ha concluso la ventunesima edizione del Festival Il Giardino delle Esperidi.

Il Giardino delle Esperidi Festival, azione permeabile tra umano e montano, discesa dell’uno tra le pieghe, le cavità dell’altro. Michele Losi, direttore artistico, gira con un bastone, simbolo del passaggio di tempo e spazio tra i sentieri di montagna. E l’arte si muove allo stesso modo, attraversa luoghi e così scandisce momenti, affronta l’alba e il tramonto, il giorno e la notte, scendendo ogni volta a patti con la condizione che la natura offre e ci si innerva dentro, nel silenzio magniloquente dell’ampiezza. Spettacoli di teatro o danza, performance site specific, attendono che lo spazio e il tempo permettano l’unione, perché sia assoluta la compenetrazione tra due opposti intendimenti della vita, tra ciò che resta – la natura – e ciò che non resta mai – l’arte. […] È proprio qui che la connessione tra umano e naturale si compie nella sua totalità, quando l’attraversamento del luogo è definito da apparizioni performative che delimitano una durata; poche parole pronuncia il monaco Zen, il giapponese Seigaku, che ha guidato il cammino rituale dall’alba al tramonto nel paesaggio, alla ricerca dei sette Chakra della montagna, ma in quelle frasi è raccolta l’energia di tempo e spazio: “Ogni passo è un dojo”, ogni passo è una dimora, potremmo tradurre, un luogo raggiunto e fatto proprio, un luogo che condensa in sé tutti i luoghi del mondo, il punto più avanti di tutti nel proprio cammino, che prende il nome di vita.

A cinquanta minuti d’auto da Milano, KLP torna anche quest’anno a Campsirago, ormai tappa estiva per antonomasia. Ci si arriva percorrendo una salita tortuosa, quasi a corsia unica, lasciandosi alle spalle tangenziali e selve d’auto inferocite; si raggiunge così una cima silenziosa, immersa in un bosco storico: un borgo isolato che conserva un’energia statica e religiosa. Oggi, forse più che mai, i festival sono un avamposto culturale di fondamentale importanza per non tralasciare il senso di comunità che il fare teatro porta con sé. […] Un rito non lo si giudica con le categorie della struttura. Un rito o accade o non accade. E qui accade.
Si esce madidi di sudore e sangue (metaforico e non), risalendo dal Citerone verso la civiltà. Coprendosi di nuovo. Ma qualcosa resta. Un tremore, un’eco. Anche Campsirago diventa un altopiano sacro. 

 

I giorni dell’ultimo week-end del festival Il giardino delle Esperidi sono stati colmi di nuove occasioni teatrali e di immersioni nella natura, con un esplosivo finale davvero emozionante e ricco di suggestioni. […] Una magnifica chiusura per un festival sempre molto suggestivo. 

La mia esperienza a Il Giardino delle Esperidi è stata, per cause di forza maggiore, concentrata in una sola giornata, ma è stato il primo vero approccio ad un festival vivo più che mai di cui è giusto che si parli e si conosca, anche al di là del contesto territoriale. Qui si respira natura mista ad arte vera, si ritorna ad una dimensione intima e accogliente di comunità, si esperisce amore per il teatro e tutte le sue declinazioni più pure e autentiche. Un piacere arrivare, un peccato andarsene.

“Barbablù” è una lotta, una diatriba, un conflitto di coscienza, laddove la coscienza esiste ancora. Uno spettacolo cupo, che però non incupisce, anzi, fornisce i mezzi per poter cercare quella luce che forse potrebbe cambiare tutto. Molto bravi e perfettamente armoniosi i due attori in scena, Benedetta Brambilla e Sebastiano Speranza, che grazie la regia di Michele Losi sono riusciti a esplorare in modo approfondito un testo non facile, riuscendo a scavarlo fino in fondo.

Camminare in natura, sui colli, porta già con sé un benessere fisico e mentale, ma farlo seguendo un percorso ben strutturato, insieme ad altre persone, con riti e mantra e incontrando performance lungo il percorso, amplifica di almeno dieci volte tale benessere. Quindi, non importa se arrivano acquazzoni, se si devono affrontare salite un po’ ripide, o se le zanzare ronzano nelle orecchie, perché un’esperienza simile, collettiva, è un immenso dono e purifica ancora di più la mente dai pensieri superflui, perché ci si deve concentrare sul corpo, sui rumori, su chi sta davanti, sui riti e le performance.

Campsirago è infatti la sede di una residenza teatrale di ricerca molto attiva e rispettata (Campsirago Residenza) e di un festival all’avanguardia (Il Giardino delle Esperidi), diffuso su tutto il territorio del Monte San Genesio, che esiste ormai da 21 anni ed è diventato un punto di riferimento per appassionati di teatro e addetti ai lavori. Il palco principale, all’aperto, si affaccia proprio sulla Pianura Padana, riprendendo una tradizione che risale all’antica Grecia, in cui lo spazio teatrale dialoga direttamente con l’ambiente circostante. Non è un caso perché il festival Il Giardino delle Esperidi si concentra proprio su quelle produzioni contemporanee di ricerca che hanno come tema quello del mito, del rito, del rapporto tra essere umano e natura in un luogo, il già citato Colle di Brianza, considerato sacro dalla Preistoria fino all’età contemporanea. Proprio su questo palco, durante le giornate festivaliere di luglio, il mito è stato protagonista. 

“Ogni passo è un dojo”, un luogo della pratica: non esiste separazione tra la vita e la pratica Zen. Così come non conta più il singolo, ma il gruppo, la collettività in cammino: questi i principi che accompagneranno me e gli altri partecipanti in questa lunga giornata. Siamo una trentina, sono le 5.45, il sole sta sorgendo su Mondonico e Michele Losi, insieme al monaco giapponese Seigaku, dà avvio a Errando per antiche vie, un cammino di 16 ore, 20 chilometri e 850 metri di dislivello. Tappa finale: Monte Barro. La montagna si sta svegliando insieme a noi e piano piano, lungo il cammino, impareremo a conoscerne il respiro e il movimento.

Articoli di presentazione

Un attimo e si è dentro la natura. Circondati da verde e alberi, prati e fiori. Dal tramonto all’alba e dall’alba al tramonto: come recita lo slogan del Giardino delle Esperidi Festival, giunto alla ventunesima edizione con la fortunata e originale formula di unire il teatro e la natura in luoghi belli e magici alle porte di Milano nei comuni di Colle Brianza, Olgiate Molgora, Olginate, Parco del Monte Barro (Galbiate) e Parco regionale di Montevecchia e della Valle del Curone.

Un festival che non si limita a mettere in scena spettacoli, ma propone un’esperienza immersiva, rituale, collettiva, che attraversa territori, tempi e linguaggi.
Giunta alla ventunesima edizione, l’iniziativa si rinnova dal 3 al 13 luglio in forma diffusa tra Colle Brianza, Olgiate Molgora, Olginate, Galbiate e il Parco di Montevecchia e della Valle del Curone, offrendo al pubblico un palinsesto che unisce teatro, danza, musica, cammino e natura.

Una geografia poetica e condivisa. Dal borgo di Campsirago, centro nevralgico e simbolico del festival, fino alle antiche chiese rurali, monasteri, ville storiche e cascine incastonate nella natura, le Esperidi abitano e trasformano il paesaggio. Non si tratta solo di “spettacoli”, ma di azioni artistiche site-specific che interrogano il rapporto tra essere umano e natura, mito e attualità, rito e collettività.

Il tema del 2025 è “Miti e Rituali”, un’indagine poetica che attraversa il tempo e restituisce centralità a pratiche arcaiche e spirituali in chiave contemporanea. Il festival si muove in sincronia con i quattro momenti del giorno – alba, mezzogiorno, tramonto, notte – per costruire una narrazione esperienziale fatta di luce, corpo e parola, in relazione costante con il paesaggio.

21ma edizione del festival di performing art nel paesaggio, organizzato da Campsirago Residenza con la direzione artistica di Michele Losi: un festival itinerante dal titolo Dal tramonto all’alba, dall’alba al tramonto, che si nutre di paesaggio, parte da una terra, dalle sue valli e dai suoi borghi per diventare luogo d’incontro (dal 3 al 13 luglio nella natura del Monte di Brianza, del Parco del Monte Barro e del Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone, in provincia di Lecco). Tra le compagnie, gli artisti, le artiste e performer: Sista Bramini (in prima nazionale con Un mare di giada), Motus, Sotterrano, Teatro del Lemming, Sergio Beercock, Ksenija Martinovic, Marcela Serli e Andrea Collavino, Alice e Davide Sinigaglia, Phoebe Zeitgeist, Erica Meucci, Giulio Santolini, Kronoteatro e Francesca Sarteanesi, Alessandra Cristiani, Erica Sbaragli, Luca Maria Baldini, Giulia Bertasi, Camilla Barbarito oltre alle attrici e agli attori di Campsirago Residenza.

Giunge alla sua XXI edizione Il Giardino delle Esperidi Festival (www.ilgiardinodelleesperidifestival.it), festival diffuso nel paesaggio naturale del Monte di Brianza, del Parco del Monte Barro e di quello di Montevecchia, della Valle del Curone, in provincia di Lecco. Cuore del festival, diretto da Michele Losi, è Campsirago Residenza, un palazzo del XV secolo, a 700 metri d’altezza, immerso nei boschi di castagni e robinie. Scenografie naturali, dunque, per inedite esperienze artistiche itineranti e spettacoli site spefic, in cartellone dal 3 al 13 luglio. Fra i tanti appuntamenti dell’edizione 2025, incentrata sul tema “miti e rituali”, segnaliamo almeno Like A Whisper Do Not Scream, lavoro in due atti di Francis Sosta dedicato all’acqua e alla sua venerazione; l’immersiva performance della durata di sei ore (da mezzanotte alle sei di mattino) della compagnia milanese Phoebe Zeitgeist; ed Errando per antiche vie, il percorso performativo ideato dallo stesso Losi,  lungo quattordici ore e suddiviso in sette tappe, tante quante i chakra del corpo umano, da cui l’azione performativa trae ispirazione.  

Giunge alla sua XXI edizione Il Giardino delle Esperidi Festival (www.ilgiardinodelleesperidifestival.it), festival diffuso nel paesaggio naturale del Monte di Brianza, del Parco del Monte Barro e di quello di Montevecchia, della Valle del Curone, in provincia di Lecco. Cuore del festival, diretto da Michele Losi, è Campsirago Residenza, un palazzo del XV secolo, a 700 metri d’altezza, immerso nei boschi di castagni e robinie. Scenografie naturali, dunque, per inedite esperienze artistiche itineranti e spettacoli site spefic, in cartellone dal 3 al 13 luglio. Fra i tanti appuntamenti dell’edizione 2025, incentrata sul tema “miti e rituali”, segnaliamo almeno Like A Whisper Do Not Scream, lavoro in due atti di Francis Sosta dedicato all’acqua e alla sua venerazione; l’immersiva performance della durata di sei ore (da mezzanotte alle sei di mattino) della compagnia milanese Phoebe Zeitgeist; ed Errando per antiche vie, il percorso performativo ideato dallo stesso Losi,  lungo quattordici ore e suddiviso in sette tappe, tante quante i chakra del corpo umano, da cui l’azione performativa trae ispirazione.  

Un luogo magico custodito dalle ninfe associate al tramonto del sole. E’ la definizione, particolarmente su misura quando si parla del festival Il Giardino delle Esperidi 2025, che per la XXI edizione coinvolge alcuni piccoli comuni della provincia di Lecco. Qui la performing art raggiunge il paesaggio. Ne diventa parte, consentendo di scoprirlo a chi prende parte al festival. Sono infatti previsti spettacoli immersi nella natura, per recuperare, attraverso momenti performativi, un rapporto consapevole, rispettoso della natura e capace di coglierne gli aspetto belli e positivi.

Un luogo magico custodito dalle ninfe associate al tramonto del sole. E’ la definizione, particolarmente su misura quando si parla del festival Il Giardino delle Esperidi 2025, che per la XXI edizione coinvolge alcuni piccoli comuni della provincia di Lecco. Qui la performing art raggiunge il paesaggio. Ne diventa parte, consentendo di scoprirlo a chi prende parte al festival. Sono infatti previsti spettacoli immersi nella natura, per recuperare, attraverso momenti performativi, un rapporto consapevole, rispettoso della natura e capace di coglierne gli aspetto belli e positivi.

Il Giardino delle Esperidi, festival di performing art nel paesaggio organizzato da Campsirago Residenza con la direzione artistica di Michele Losi, giunge nel 2025 alla sua XXI edizione: un festival itinerante che si nutre di paesaggio, parte da una terra, dalle sue valli e dai suoi borghi per diventare luogo d’incontro.

Il Giardino delle Esperidi Festival, tra musica, cammini, danza, incontri e teatro, è uno spazio d’incontro importante perché portatore di una “nuova etica sociale e naturale”. Parte infatti dalla natura, da un territorio poco antropizzato nei comuni di Colle Brianza, Olgiate Molgora, Olginate; Parco del Monte Barro (Galbiate) e Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone (LC). Ne attraversa le valli, i camminamenti, i borghi. Invita infatti all’ascolto del silenzio e delle voci della natura. E a rieducare lo sguardo, perché il guardare torni ad essere guardare l’alterità.

Si terrà in due tappe la ventunesima edizione de Il Giardino delle Esperidi, il festival di performing art nel paesaggio organizzato sotto la direzione artistica di Michele Losi. La prima avrà luogo da giovedì 3 fino a domenica 6 luglio, mentre la seconda si articolerà durante la settimana successiva, ovvero da giovedì 10 a domenica 13 luglio.

In realtà, come ben sanno gli affezionati spettatori del festival, le tappe sono molte di più: praticamente ogni evento del ricco calendario è un tassello del mosaico che copre i comuni di Colle Brianza, Olgiate Molgora, Olginate, il Parco del Monte Barro a Galbiate e il Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone. Ma il cuore, naturalmente, batte nel borgo medievale di Campsirago.

Si parla giustamente tanto delle potenzialità del ‘teatro fuori dal teatro’ e lo conferma anche il nuovo programma una bella iniziativa ‘glocal’ che si tiene a pochi chilometri da Milano, Il Giardino delle Esperidi, festival di performing art nel paesaggio organizzato da Campsirago Residenza.