Dicono di noi

Le parole di Cesare Pavese, dal romanzo “La luna e i falò” , disperse nell’aria accolgono il viandante intento a salire la mezza costa che introduce a Campsirago, frazione del comune di Colle Brianza sulle pendici del monte San Genesio, residenza d’arte e teatro tra le più attive d’Italia e dove, da diciotto anni, organizza con la direzione artistica di Michele Losi il festival “Il Giardino delle Esperidi” con l’intento di unire natura, paesaggio e scena. […] Il palco naturale del palazzo Gambassi è una fantastica finestra senza infissi che si affaccia sul mondo. In lontananza si vede Milano dentro una bolla color arancio. Più in là si intuiscono i colli piacentini. Una finestra aperta sull’infinito. 

Inizia con il botto il festival Giardino delle Esperidi. E non solo per la presentazione del bel libro di Giulia Alonzo e Oliviero Ponte di Pino “In giro per festival” che inaugura l’evento. Il Comune di Colle Brianza, in partenariato speciale con Campsirago Residenza, ha vinto il bando sulla riqualificazione dei borghi promosso dal Ministero della Cultura. «Il progetto Campsirago Luogo d’Arte, grazie al finanziamento di 1.600.000 euro del PNRR, entro il 2026 porterà azioni culturali e di restauro nell’antico borgo».

Canto e danza, peripezie e viaggi, la corsa della vita, dunque, tra natura e teatro. […]  è ancora una volta un cammino che il teatro fa dentro la natura, mostrando in fondo che se il teatro è lo spettacolo dell’uomo, la natura è lo spettacolo del mondo, gli uni dentro gli altri, mimesi e creatività che si alimentano anche quando sono distanti chilometri o secoli. Un festival strano dunque, in senso propositivo, e anche estraneo, etimologicamente parlando, nel senso di quello che sta fuori di noi ma vogliamo portarci o ri-portarci dentro, mentre camminiamo in esso e nella natura che in esso si mostra.
Nessuna banale sovrapposizione ma una suggestione che trova chiarezza nel suo essere accolta e praticata. Il teatro non a caso è contingenza quando accade ma è anche capace di rinnovarsi naturalmente.
D’altra parte questo Festival è un esempio non solo in ciò ma anche nella capacità di integrazione con la comunità ed il territorio che questa comunità, mentre in esso cresce, forma e determina.

Il programma prevedeva oltre una ventina di eventi fra spettacoli prodotti in residenza, esiti di laboratorio, ospitalità, incontri di discussione e –non ultima – l’impegnativa lettura integrale, in quattro giorni dal primo mattino alla mezzanotte, dell’opera di Cesare Pavese. L’obiettivo di Campsirago Residenza non si esaurisce tuttavia nel ridare vita e visibilità a un patrimonio antropico e culturale estinto, né di creare una vetrina di drammaturgia contemporanea: alla sua attività è sotteso un progetto etico più ardito: la proposta di un rapporto con la natura che la civiltà contemporanea ha dimenticato e sta soffocando.

Molti degli spettacoli proposti implicavano infatti una profonda immersione del pubblico nel contesto campestre, come Amleto. Una questione personale, forse la più impegnativa fra le produzioni di Campsirago Residenza.

Il Giardino delle Esperidi Festival, diretto da Michele Losi, è andato in scena nel magnifico Colle di Brianza dal 23 giugno al 3 luglio. Giunto alla sua XVIII edizione, è una realtà da scoprire con il silenzio e la pazienza dei cammini collinari.

Il Festival nasce nel 2005 con un’idea di immersione nel paesaggio che il luogo suggerisce, lasciando da parte la modalità tradizionale del palco. Le attività culturali e il teatro fanno dunque da guida per scoprire una Brianza inedita sia perché poco nota sia perché può essere riscoperta in modo nuovo.

Altra materializzazione, o meglio coincidenza, fra la fabula e l’atto nell’Hansel e Gretel che, in grazia dell’essere in programma in un Festival libero e visionario, abbiamo potuto incontrare partendo a mezzanotte e attraversando, al buio e in silenzio, un bosco come quello che nella storia, com’è noto, è attraversato dai due piccoli protagonisti.

Un Festival importante non solo per la qualità della produzione artistica, ma perché, per come è pensato e costruito, riavvicina alla terra, a ritmi scadenzati dalla natura, a borghi dimenticati da rivitalizzare. Chi è stato a Campsirago sa che quei luoghi disseminati sul monte Brianza, abitati dai celti, dai romani e poi abbandonati nel dopoguerra, danno voce, con il loro silenzio, alle nostre domande più profonde e ci invitano ad un’osservazione partecipante fatta di ascolto, attenzione, rispetto, riflessione.

L’obiettivo di Campsirago Residenza non si esaurisce tuttavia nel ridare vita e visibilità a un patrimonio antropico e culturale estinto, né di creare una vetrina di drammaturgia contemporanea: alla sua attività è sotteso un progetto etico più ardito: la proposta di un rapporto con la natura che la civiltà contemporanea ha dimenticato e sta soffocando. Molti degli spettacoli proposti implicavano infatti una profonda immersione del pubblico nel contesto campestre, come Amleto. Una questione personale, forse la più impegnativa fra le produzioni di Campsirago Residenza.

 

Ci vorranno giorni per lasciar sedimentare emozioni e sensazioni, scoperte e ricordi di questa diciottesima edizione de Il Giardino delle Esperidi Festival.

Anche gli spettatori insomma sono chiamati a performare, scarpinare lungo salite e discese, inoltrarsi anche al buio fra gli alberi di notte, guidati dalle torce, dai giovani volontari e dagli artisti diretti da Michele Losi. Cancellate dalla mente l’immagine dello spettatore pigro e annoiato che stancamente si presenta al botteghino, alle Esperidi c’è da muoversi nel paesaggio, l’esperienza artistica è tutt’altro che passiva e, si sarà capito, non si limita all’osservazione degli attori e performer su un palco, che spesso letteralmente non esiste.

Si ride tanto e di gusto in “Lear e il suo matto”, ma le parole di Shakespeare colpiscono il cuore come frecce infallibili.

Lo spettacolo ha un andamento sostenuto – molto corporeo – con numerosi cambi di ritmo, colpi di scena, e sobbalzi emozionali per le immagini evocate e nei significati proposti. Sicuramente non è un lavoro teatrale che può lasciare indifferenti.

Effetti vocali e registri linguistici, i più variati, in italiano e romanesco, come tanti soggetti racchiusi in un unico corpo: questo è il lavoro in scena di Banfo. Bravo. Molto. Capace di ricomporre l’atmosfera e commuovere, aiutando gli spettatori più attempati a riportare a galla tutta l’ansia di quei momenti, i ricordi e le speranze di chi era rimasto appiccicato davanti al televisore. Anche il pubblico più giovane – coloro che di quella tragedia forse non conoscevano niente – hanno vissuto il dramma, ne hanno appreso la tragicità, affermato dai commenti a fine spettacolo. Una performance a cui non si può rimanere freddi, impermeabili.

Lo spettacolo, progettato da Cocconi con Claudio de Maglio e Fabrizio Zamero, prezioso gioco d’ironie, allusioni ed eleganti rimandi, chiude con spregiudicato snobismo e nitidezza di contorni un’edizione del Giardino delle Esperidi appassionata e irriverente.

Articoli di presentazione

Al festival del Giardino delle Esperidi allestito per il suo diciottesimo anno d’età dalla rinomata Campsirago Residenza, direzione artistica di Michele Losi, diventato il più amato e importante evento spettacolare di performing art nel paesaggio d’Italia. Ventitrè appuntamenti tra teatro, danza, musica, poesia dal 23 giugno a domenica 3 luglio programmati nei boschi e nelle cascine, nei giardini di storiche ville e borghi nei comuni di Colle Brianza, Ello, Olgiate Molgora, Valgreghentino, Olginate, Sirtori e Galbiate nella provincia di Lecco. Parola d’ordine: “Following the Sun”, invito e bussola per spettatori esigenti e curiosi che devono orientare il loro cammino quotidiano in direzione del sole che tramonta. Da Est a Ovest.  Solo attraversando boschi colorati di verde e di bruno, si può entrare in contatto con il luogo e, attraverso gli spettacoli, conoscere l’arte e il teatro, i mondi poetici degli artisti.

Un pieno di carburante. Senza patire i rincari, e senza danni all’ambiente. Inalando non l’odore pungente del benzene, ma il profumo gradevole dei boschi, l’effluvio del lago, l’aria tersa che arriva delle vicine montagne. Una miscela fatta di teatro, natura incontaminata, paesaggi antropizzati nel segno dell’armonia.