Il luogo

Il territorio del Monte di Brianza ha mantenuto nel tempo un elevato valore paesaggistico, costituito da una serie di antichi nuclei rurali e cascine, che hanno conservato integralmente l’architettura e gli abitati della civiltà contadina tipici dell’Alta Brianza. Uno di questi è il millenario borgo di Figina, a 627 metri di altezza nel comune di Galbiate, ancora oggi intatto e in parte abitato. Immerso in una vallata del monte Crocione, si raggiunge a piedi percorrendo i sentieri dei Monti Crocione e di Brianza o attraverso una strada panoramica bellissima, che si apre a tutta la cerchia delle Alpi.

La storia

Si sa con certezza che il borgo di Figina fosse già abitato ai tempi degli antichi Romani, in quanto il toponimo deriva dalla sua funzione principale nei tempi antichi, quella di fornace. Si presuppone infatti che Figina derivi dal latino “figulare” (plasmare, dare forma) proprio perché in questo piccolo luogo vi era una fornace, ancora in funzione fino agli inizi del Novecento, nella quale si produceva cotto. L’edificio denominato “Fornace” esiste ancora, poco distante dalla frazione, ma oramai in disuso.

Le origini medievali della località di Figina risalgono al 1107 quando vi venne fondato, grazie alla donazione di Contessa vedova del milanese Azzone Crasso, un monastero sotto la diretta dipendenza di Cluny. La badia di Figina, grazie alla presenza del priorato cluniacense, fu meta di afflusso di visitatori e pellegrini dal circondario, in particolare durante la ricorrenza della Commemorazione dei defunti (2 novembre) poiché in quel monastero si distribuivano elemosine di pane, vino, castagne e legumi. I monaci cluniacensi furono i primi ad introdurre la pia consuetudine della solenne commemorazione dei defunti il 2 novembre, divenuta poi di osservanza universale nella Chiesa. La distribuzione di cibo ai poveri, chiamata “Panatell”, durò anche dopo che il priorato di Figina fu unito alla Commenda di San Dionigi verso la fine del ‘400. L’ultima distribuzione di pane giallo ( pan de mej) venne fatta nel 1918.

Nel 1491, alla morte dell’ultimo monaco cluniacense di Figina, il priorato venne conferito in commenda (ossia affidato a un laico per essere gestito) e sette anni dopo fu unito ed incorporato all’Abbazia milanese di San Dionigi. Nel 1532 il monastero fu ridotto a beneficio e mantenne un cappellano fino al 1797 quando, con l’arrivo dei francesi e della Repubblica Cisalpina, il monastero di Figina fu soppresso, tutte le terre e i beni messi in vendita e acquistati dal negoziante milanese Giuseppe Prinetti.

Nel 1879 Fanny Prinetti si sposò con Edoardo Amman e così tutti i poteri e obblighi (spese di mantenimento del cappellano, acquisto tovaglie e ceri per la chiesa, etc.) riguardanti il borgo di Figina passarono alla famiglia Amman. Dopo la morte dell’ultimo cappellano residente, la Messa non fu più quotidiana, ma festiva.

Tutt’oggi le terre attorno a questo piccolo angolo di beatitudine, i fabbricati stessi e la chiesa sono di proprietà degli eredi della famiglia Amman. A Figina vivono ancora un paio di famiglie, una delle quali conduce un’azienda agricola dalla quale è possibile acquistare direttamente verdura di stagione. Sulla facciata di una delle case ancora oggi abitate si possono vedere decorazioni e bassorilievi in cotto rappresentanti alcuni personaggi risorgimentali: Vittorio Emanuele, Napoleone III, Conte Camillo Benso di Cavour e Giuseppe Garibaldi.

 

La Chiesa di San Nicolao e San Sigismondo a Figina, realizzata subito dopo il 1107, è un esempio di architettura romanica borgognona. Nell’atto di fondazione del 16 agosto 1107, conservato nella Biblioteca Nazionale di Francia, appare una delle prime attestazioni del toponimo “Brianza”.

La chiesa era originariamente più grande rispetto alla costruzione attuale e presentava tre navate e tre absidi, mentre oggi è a navata unica e monoabsidata. La dedicazione popolare a San Sigismondo risale solo al Cinquecento, quando all’interno della chiesa fu costruito un altare dedicato al Santo, mentre nel 1615 fu aggiunta una pala d’altare con la Madonna e i due Santi; nel Settecento fu poi posto un paliotto coi due Santi, visibile ancora oggi. Nel 1751 fu riportata già la doppia intitolazione ufficiale, ancora oggi detenuta e ricordata anche dalla scritta in facciata. Pur essendo proprietà privata, la chiesa fa parte della Parrocchia di Villa Vergano; annualmente è qui celebrata la festa di San Sigismondo (1° maggio) e non quella di San Nicola (6 dicembre). Ciò pare strano visto che a una quindicina di chilometri di distanza, nella città di Lecco, il santo patrono Nicola è ben ricordato e festeggiato. Pare alquanto particolare come San Sigismondo sia ora il santo più ricordato nella chiesa di Figina, perché in fin dei conti il primissimo altare dedicato a lui fu costruito per non dimenticare la cappelletta in fondo al cimitero, antistante la chiesa, dedicata proprio a San Sigismondo e demolita ai tempi di San Carlo.

Ciò che la chiesa di San Nicola doveva essere originariamente può solo essere immaginato. Oggi, la costruzione si presenta con uno stile neoclassico per gli interni; le poche testimonianze originali sono la bifora sopra al portale maggiore e le lesene visibili all’esterno. Sul presbiterio si può notare una particolare “Madonna dell’Offerta”, chiamata anche popolarmente “Madonna della Finestra”, in marmo di Candoglia e realizzata negli anni Trenta dal Conte Mario Amman, nonostante il Cardinale Schuster durante la sua visita nel 1932 avesse sconsigliato l’introduzione di qualsiasi novità.

È degna menzione il “Lezionario di Figina”, un codice miniato appartenuto al Monastero di Figina e ora conservato presso la Biblioteca Ambrosiana ove fu trasferito nel 1603 per ordine del Cardinal Federigo.