Campsirago Residenza/Dionisi
70 min.
Lunedì 26 giugno, ore 21.15

Facevamo l’amore in macchina, io settantacinque anni, lei ottanta. Anche se avevamo due case. Ma volevamo sentire quel pericolo… come due ladri in fuga”. Cesare, 80 anni.

Nelle sale da ballo, centinaia di anziani hanno danzato e parlato d’amore.  I loro racconti compongono un emozionante testo teatrale dedicato agli amori senza età che sbocciano ai bordi pista delle balere.

È la notte di Capodanno. Si festeggia alle Orchidee, una sala da ballo ricavata in un capannone nell’hinterland milanese. I muri sono ricoperti di festoni e ghirlande di palloncini e la palla a specchi gira in alto al centro della pista. Intorno, seduti a mangiare, ci sono donne e uomini di settanta, ottanta, novant’anni. Stasera si esibisce la Calipso Band: un vero evento per chi frequenta le sale da ballo. Repertorio classico di mazurke, tanghi e polke, ma anche incursioni nella dancehall e nella musica latina. Con l’aiuto di un paio di bottiglie di spumante, Sandro, Marisa, Vincenzo e Irma raccontano le storie che hanno segnato la loro esistenza, i bambini che sono stati ma anche i loro progetti per il futuro, l’amore, il sesso, la felicità. Sono nati durante la Seconda Guerra Mondiale e sulle loro spalle portano la storia di un’intera Repubblica. Hanno vissuto la guerra e il dopoguerra, gli anni ‛60 e il boom economico, il terrorismo e le contestazioni degli anni ‛70 e ‛80, i primi flussi migratori degli anni ‛90. Hanno quasi quattrocento anni di vita in quattro eppure ora sono qui a fare i conti non più (o non solo) con quello che sono stati, ma anche con quello che vorrebbero essere e fare ora: amare, ancora, ancora e ancora. Mentre nell’aria si diffonde la musica di una vita: tanghi, mazurke, balli di gruppo, Leonard Cohen, Raul Casadei, Adriano Celentano, Cha Cha, Dean Martin…

Irma, 82 anni, è nata in Puglia ma vive a Milano dagli anni ‘60. È vedova da otto anni e casalinga da una vita: ha fatto tutto quello che ci si aspettava da lei, ma ora vorrebbe fare a suo modo e ricominciare… Chissà se questa sera troverà il coraggio? Vincenzo invece è di Napoli, ha 79 anni e anche lui è arrivato a Milano negli anni ’60; vive della pensione minima, è vedovo da vent’anni e da vent’anni sta cercando una nuova moglie, ma senza risultato; per ora… Marisa, 76 anni, originaria della provincia di Milano, è divorziata dall’83 e ha dovuto darsi da fare lavorando in nero in un negozio di casalinghi. Dopo il divorzio, si è guardata bene dal rinnamorarsi; eppure, ogni tanto, qualche abbraccio non le dispiacerebbe e forse anche per questo ha votato la sua esistenza al ballo. Sandro ha 83 anni ed è nato a Milano; non si è mai sposato, ha lavorato quarant’anni in fabbrica come sindacalista e non ha mai dato spazio alla sua vita privata. Si, ogni tanto, quale incontro fugace, ma non è mai riuscito a fidanzarsi davvero. Ma stasera…chissà…

A dar voce ai quattro protagonisti sono Renato Avallone, Camilla Barbarito, Laura Pozone e Alessandro Sampaoli. Il progetto, il testo e la regia sono di Renata Ciaravino, drammaturga, attrice, autrice televisiva e radiofonica. Lo spettacolo nasce da più di cento interviste che Renata Ciaravino ha condotto tra 2016 e il 2019 incontrando donne e uomini tra i 70 e i 100 anni che vivono nelle periferie milanesi.

Biglietti in cassa sul luogo di spettacolo

con Renato Avallone, Camilla Barbarito, Laura Pozone, Alessandro Sampaoli | e con la partecipazione straordinaria di Martina Pontil e Osvaldo Tarelli | testo e regia Renata Ciaravino | assistente alla regia Teresa Tanini | collaborazione artistica Fabrizia Mutti | luci e suono Alessandro Bigatti | produzione Dionisi e Campsirago Residenza | distribuzione Campsirago Residenza | con il contributo di Fondazione di Comunità Milano, Comune di Milano, Fondazione Cariplo – lacittàintorno, Municipio XI Milano | con il sostegno di Teatro Franco Parenti

Dove
Corte San Donnino
Via San Donnino, fraz. Mondonico
Olgiate Molgora
26 giugno, ore 21.15
Note di regia

Sono stata tre anni ai bordi pista delle balere della mia città per intervistare e guardare i vecchi ballare. Ballavano, mi parlavano d’amore, facevano le acrobazie coi doppi sensi, facevano merenda coi biscotti, civettavano, cinguettavano, si dimenavano come i tori con la banderilla conficcata nel collo. All’inizio non capivo: “Tu vuoi parlare del passato ma noi vogliamo ballare!” Mi sono dovuta buttare in pista se volevo avere qualche speranza di capirci qualcosa. Guardandoli ballare, pieni di rughe, cicatrici, dita storte, quei corpi imperfetti diventano anche i nostri, noi, tutte quelle volte che, nonostante le cadute, decidiamo che non è ancora finita. Si può e si deve continuare a ballare… E ascoltandoli mi sono resa conto che queste storie parlavano anche di me. Di me che avevo metà dei loro anni. Perché l’età anziana è la metafora perfetta della fragilità umana. Nostra, di tutti. Nessuno di noi sa se il proprio corpo non sarà debole a breve, o quanto tempo gli resta da vivere. Si naviga tutti a vista. A fare i conti col tempo perso, i sogni da realizzare, le cose ancora da vivere. Allora forse quello che cercavo erano delle testimonianze estreme di chi continua a scommettere e lottare ancora per un altro po’ di felicità. Anche quando ci sembra tardi. E tutto sembra lavoraci contro.  Renata Ciaravino, regista.

Le interviste sono state condotte prevalentemente nelle sale da ballo, proprio per raccogliere la massima espressione del potenziale fanciullo di ogni anziano. Nelle sale da ballo il corpo non è vissuto come ostacolo, ma come espressione ancora di gioia ed eros. La sfida dello spettacolo, in una società che esalta la bellezza di corpi giovani e perfetti, è invece quella di parlare dei corpi che invecchiano, rotti e maldestri, fragili e claudicanti ma che non si arrendono, che ballano, che sono coraggiosi a sfidare il tempo che resta da vivere. Si scoprono così i desideri che non muoiono, il sesso che ancora si fa, l’amore che ancora si cerca, i progetti in cui ancora si crede.