Marco Gobetti
prosa
75 min.
Sabato 2 luglio, ore 21.30

Marco Gobetti evoca, con il suo “Teatro di riciclo”, le 130 repliche de “Il nome della rosa” (regia di Leo Muscato, produz. Teatro Stabile Torino, Teatro Stabile Di Genova, Teatro Stabile del Veneto), lo spettacolo cui prese parte e che andò in scena in molti teatri d’Italia nella stagione 2017/18.

Non si tratta di raccontare tutto ciò che in sei mesi di tournée è successo. Non se ne fa insomma un diario.
Cosa evoca dunque, il monologo 130 repliche de IL NOME DELLA ROSA – Teatro di riciclo®?

«Evoca un filo sottile ma dirompente, l’ineffabile prezioso: ciò che mai si sarebbe potuto pensare che potesse accadere. Ciò che incredibilmente è avvenuto e, davvero, non si dovrebbe dire. Perché va ben oltre la storia nota, la verità comune. La verità – insieme alla costruzione del falso che la mina – è uno dei temi portanti de “Il nome della rosa” di Umberto Eco: era inevitabile che, incarnandone la vicenda per 130 repliche, nascessero verità indicibili.

Una verità, in particolare. Che porta pesantemente altrove attori e pubblico: che ci precipita in un contemporaneo sconosciuto, dove lo scibile presente contamina misteriosamente quello dell’antica abbazia. E viceversa. Una verità che mai si dovrebbe dire, appunto. Un sacrosanto, chiarissimo scandalo». In un gioco di scatole cinesi, la vicenda de Il nome della rosa di Eco si incastra in quella dello spettacolo che l’ha rappresentata e nel suo essere replicato in giro per l’Italia; l’enigma fermenta e irrompe comicamente nel presente sino a una tragica, scottante rivelazione finale.

Per “teatro di riciclo®” si intende l’azione di un attore tesa a evocare una replica precisa o un insieme di repliche trascorse di uno spettacolo cui abbia preso parte o di cui sia stato spettatore: la vicenda e le immagini dello spettacolo rivivono, così, profondamente contaminate dalla narrazione dei meccanismi teatrali e di tutto ciò che è riconducibile al rapporto tra attori, spazi e pubblici incontrati.

Il “riciclo” del teatro già stato non intende essere surrogato del teatro stesso; bensì concentrato rarefatto, essenza che ne sublima la mobile immanenza, la magia: l’”altrove rimanendo”. Travaso di generi, base concreta per l’utopia.

Con il “Teatro di riciclo®” si tenta la rivalutazione della natura autentica, magica, sociale e intrinsecamente pedagogica del fatto teatrale: un teatro de-costruito e in costruzione, motore possibile di culture indipendenti, di incontri liberi e di nuove sensibilità ed empatie.

di e con Marco Gobetti | Lo stagno di Goethe – Ets
Dove
Campsirago Residenza,
Via San Bernardo 3,
Colle Brianza, Fraz. Campsirago
2 luglio

Rassegna stampa

Al Teatro Gobetti, per la stagione Summer Plays del Teatro Stabile, è in scena quel teatro di riciclo inventato da Marco Gobetti con cui ora rievoca (o forse no) le “130 repliche de Il nome della rosa” e la tournée di quel fortunato spettacolo, da lui anche interpretato, tratto dal celebre romanzo di Umberto Eco e prodotto proprio dal TST con lo Stabile di Genova e quello del Veneto nella stagione 2017/18. Appena seduto in sala ho la conferma di quello che sospettavo da tempo: Marco Gobetti è matto! Completamente matto. Ma matto come lo sono i fool shakespeariani: portatori di apparente devianza in quanto custodi di verità. Marco Gobetti è un poeta e possiede una scrittura teatrale tutta sua, distillata dal continuo rapporto diretto con un pubblico catturato per strada. La sua parola è fiume, è gorgo, è laccio che imbriglia pensieri, li sovverte, li plasma e li offre come un pane salvifico: non per emendare, ma per denunciare. Ogni pretesto è buono, ogni occasione è grimaldello per scardinare sistemi ovattanti.

Marco Gobetti è un visionario e del surreale travestito da spicciola quotidianità fa la sua arma più potente. Era chiaro che non avrebbe raccontato le 130 repliche de “Il nome della rosa”, pur di fatto raccontandole, e minuziosamente, ed enumerando dati e fatti inoppugnabili. Ma ogni cosa rimanda ad un’altra, ogni apparenza nasconde altre apparenze e la catena è una catena di sangue, reale, per soddisfare un ego, privato o collettivo poco importa. Grande il teatro di riciclo: teatro “politico” che dalle ceneri di uno spettacolo passato sa cogliere il tizzone per continuare a incendiare. Utopia? Ben venga, se accende speranze!  Alfonso Cipolla, la Repubblica